Unico Grande Sindacato: utopia e faro sul sindacalismo autonomo in Italia

Il pamphlet One Big Union, che abbiamo tradotto in italiano e trovate qui sotto, ci propone una delle visioni più affascinanti del sindacalismo di IWW: un Unico Grande Sindacato per tutta la classe lavoratrice, in tutto il mondo.

Il come questa visione si declini lo lasciamo alla lettura, ma crediamo in tutta onestà che non si possa terminarla senza almeno domandarsi: è un progetto davvero possibile?

Il sindacalismo in Italia è fortemente legato alla concertazione e non alla conflittualità, è di settore e non trasversale, la rappresentanza è in declino e le leggi negli ultimi 30 anni vanno nella direzione della compressione dei diritti invece di espanderli per adattarsi ai nuovi contesti del lavoro. L’organizzazione di chi lavora dal basso è bloccata dalla burocrazia e da prassi obsolete.

Visualizzare quindi un Unico Grande Sindacato per tutta la classe lavoratrice sembra una prospettiva fantasiosa e irrealizzabile. In realtà gioca un ruolo fondamentale: quello dell’utopia. L’utopia non è un traguardo irraggiungibile ma un progetto di cui non si conosce la durata.

Per credere nel progetto, però, non ci accontentiamo dell’ideologia, ma iniziamo a pensare con direzionalità, strutturando sotto-obiettivi che creino impegno, interesse e volontà di lottare per essi. Non solo: questi obiettivi intermedi devono essere tra loro sequenziali nel comporre una spirale in crescendo di tanti piccoli traguardi che comporranno l’obiettivo finale.

La strada che passa per questi traguardi è quella che dobbiamo costruire, con il supporto di tutte le persone che hanno inventato e continuano ad inventare e fare il futuro del sindacalismo dentro l’IWW. In Italia questa strada la dobbiamo costruire insieme, e nel farlo ci accorgiamo che quell’utopia è un faro che illumina i passaggi da superare. Proviamo ad immaginare almeno due di questi passaggi sequenziali e incrementali che riteniamo necessari superare per vincere un Unico Grande Sindacato che argini l’industria capitalistica.

Il primo passaggio è la totale autonomia della rappresentanza sindacale nel luogo di lavoro. Ad oggi la semplice organizzazione in un’associazione sindacale anche informale, per quanto sia un diritto costituzionalmente riconosciuto a chi lavora, è una forma di rappresentanza resa praticamente irrilevante. Questa rappresentanza è la più reale, diretta e che richiede a chi la sceglie di fidarsi solo di colleghe e colleghi e compagnə di lotta in una trattativa con il datore di lavoro.

Il sistema che è andato affermandosi negli ultimi anni di RSA e RSU, con tutti i relativi vincoli burocratici, rende questa rappresentanza marginale e ha portato a dinamiche di alienazione del rapporto tra sindacato e luogo di lavoro.

Questo diritto fondamentale alla contrattazione collettiva nella vita lavorativa quotidiana è il primo e più importante obiettivo che il sindacalismo conflittuale italiano deve porsi per uscire dalla crisi di rappresentatività e far tornare le condizioni sul luogo di lavoro una questione collettiva e non altrimenti individuale, cioè a favore dell’opportunista o dello sfruttatore del più debole. Questa prassi inoltre accresce la consapevolezza verso il sindacato come entità fatta da chi lavora per chi lavora.

Il secondo passaggio è il superamento dell’accoppiamento tra RSA/RSU e CCNL o altre forme di contrattazione collettiva a livello nazionale. Un sindacato deve essere in grado di rappresentare le persone tesserate in un determinato settore in tutte le sedi a prescindere dal contratto a loro applicato o dal fatto che abbiano contribuito a discutere o firmare quel contratto nazionale. La semplice ratio dietro questo obiettivo sta nel fatto che il sindacato interessato a rappresentare le persone tesserate al tavolo con le associazioni datoriali di categoria e con il governo non deve automaticamente escludere una rappresentanza che lavoratori e lavoratrici scelgono di avere in altri sindacati. Il sindacato formato in un luogo di lavoro da un gruppo di colleghə segue dinamiche ben diverse dal sindacato confederale nazionale, che magari ha solo un paio di funzionari oberati di lavoro in una sede fuori provincia.

Queste diverse forme di rappresentanza non devono essere mutualmente esclusive poiché forniscono a chi lavora un’esperienza, un riscontro e un servizio diversi e complementari. I sindacati autonomi possono inoltre così rafforzare la strategia di trasversalità tra settori prevista dai sindacati industriali di IWW e non solo, indipendentemente dal contratto a loro applicato e aumentare le iscrizioni di persone che, finalmente, riconoscerebbero in questo ente qualcosa di loro proprio.

Da questi primi obiettivi, più raggiungibili anche se non senza difficoltà, crediamo che si possano iniziare a mettere alla prova le fondamenta del progetto dell’Unico Grande Sindacato. Se oltre a questi primi passaggi riuscite ad intravederne altri per creare l’organizzazione sindacale descritta nel pamphlet, non vi resta che unirvi all’IWW e partecipare direttamente a realizzare il progetto utopico, ma concreto, di un Unico Grande Sindacato per tutta la classe lavoratrice! 

copertina pamphlet unico grande sindacato

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