Oltre il salario minimo in Italia

Il tema del salario minimo è rimasto un tema caldo per tutta l’estate. Cosa ne pensiamo ?

Il concetto di salario minimo e le sue implicazioni in Italia

Cos’è il salario minimo? È la cifra minima di retribuzione per il lavoro svolto. Questa misura ha lo scopo di contrastare la diffusione delle retribuzioni eccessivamente basse, promuovendo un livello minimo di remunerazione attraverso l’intervento legislativo. Il salario minimo è, quindi, diverso dal reddito di base universale, che è un reddito conferito dallo Stato a chiunque, indipendentemente dalla propria condizione economica o dal fatto di possedere un lavoro.

In molti Paesi europei, il salario minimo è diventato un argomento chiave di dibattito, in cui è diventato necessario affrontare la problematica dell’in-work poverty, ovvero, la situazione diffusa di molte lavoratrici e lavoratori che hanno un reddito disponibile inferiore alla soglia della cosiddetta “povertà relativa” nonostante, appunto, lavorino, spesso anche in più lavori. Nel contesto dell’Unione Europea, il Parlamento ha adottato regolamenti che mirano a stabilire standard minimi di protezione in tutti gli Stati membri, per cercare di garantire un tenore di vita dignitoso.

Diverse sono state le proposte di legge presentate sul tema e negli ultimi mesi del 2023 il clima si è è fatto ancora più caldo fino ad arrivare al 30 giugno scorso, quando le opposizioni di centro-sinistra eccezion fatta per Italia Viva hanno presentato l’ennesima proposta di legge per la sua introduzione. La proposta, articolata in sette punti, prevede una soglia minima di 9 euro lordi l’ora, con l’obiettivo di tutelare i lavoratori e le lavoratrici “povere” che attualmente hanno una retribuzione inferiore e in molti casi non sono coperti da contratti collettivi.

Un aspetto cruciale da considerare per l’Italia è la relazione tra salario minimo e i contratti collettivi nazionali (CCNL) nei vari settori. Attualmente, il salario minimo è già incluso nei CCNL con importi diversi. Tuttavia, alcune proposte suggeriscono l’istituzione di un salario minimo ulteriore rispetto a quelli stabiliti nei CCNL, al fine di stabilizzare e, in alcuni casi, aumentare il livello retributivo. Allo stesso tempo, un’altra proposta mira a stabilire un salario minimo globale orario che escluda i minimi previsti dai CCNL, considerando che questi contratti non coprono tutte le lavoratrici e lavoratori.

Una delle sfide principali nella discussione sul salario minimo è il suo impatto sul sindacalismo. L’attuazione di un salario minimo potrebbe alterare le dinamiche dei CCNL e dei sindacati. In alcuni contesti, i CCNL potrebbero essere messi in secondo piano o addirittura soppiantati, creando divisioni tra classe lavoratrice “vecchio stile” (ovvero, coperta da un CCNL e sindacalizzata) e “nuovo stile” (non coperta da nessun CCNL e non sindacalizzata).

L’esempio della Gran Bretagna

Prendiamo la Gran Bretagna come esempio interessante da analizzare in confronto alla proposta italiana, pur ricordando che il costo della vita in Gran Bretagna è più alto. In Gran Bretagna, il salario minimo è stato introdotto nel 1998. Attualmente, è di 10,42 sterline all’ora (circa 12,14 euro), ma varia in base all’età e diminuisce notevolmente per persone sotto i 18 anni e con contratti di apprendistato, arrivando a sole 5,28 sterline all’ora per queste categorie.

Oltre a stabilire una retribuzione minima, un altro aspetto fondamentale della legislazione sul salario minimo in Gran Bretagna è la pratica del whistleblowing: chiunque può segnalare e denunciare datori di lavoro che pagano un salario inferiore al salario minimo attraverso un numero verde apposito. Tutte le segnalazioni fatte in questo modo vengono indagate immediatamente dalle istituzioni e, nel caso sia accertata un’infrazione della legge, il datore di lavoro viene multato e il suo nome viene pubblicato in una lista pubblica online, creando pressione pubblica. Questa severità dell’applicazione è un elemento fondamentale nel garantire l’efficacia del salario minimo.

Negli ultimi anni, si è andato a sviluppare un nuovo concetto in aggiunta all’idea di salario minimo, quella di un “living wage” o salario dignitoso. L’idea di living wage parte dal presupposto che il salario minimo non è abbastanza e non è flessibile, essendo lo stesso per chiunque. Il living wage, invece, tiene conto del costo della vita nel posto in cui si vive e lavora e si adatta a quel contesto. Ad esempio, in una città come Londra in cui il costo della vita è molto più caro, il salario minimo stabilito per legge non è comunque abbastanza per poter vivere in modo dignitoso. Il living wage applicato a Londra sarà quindi più alto. Molte aziende, specialmente nel settore non profit, hanno iniziato a mettere in pratica questo concetto, adattando i salari in base a queste considerazioni.

La prospettiva dell’IWW

Dal nostro punto di vista, il quadro è complesso.

L’introduzione di un salario minimo potrebbe comportare rischi notevoli, come il possibile indebolimento o la sostituzione dei CCNL, o la riduzione delle cifre già stabilite nei CCNL attuali. Tuttavia, per una buona parte della classe lavoratrice, i CCNL sono praticamente inesistenti: pensiamo, per esempio, a chi lavora come rider/driver, nel settore dell’ospitalità o dell’agricoltura, chi fa le pulizie, dipendenti di piccole aziende, etc. In tutti questi contesti il potere contrattuale è praticamente nullo e le negoziazioni risultano inefficaci; difatti, le persone sono sottoposte all’arbitrio del datore di lavoro senza nessuna copertura legale e spesso non hanno nessuna scelta se non accettare paghe ridicole o andarsene altrove, per trovarsi comunque in condizioni simili o uguali.

In questi casi, avere un salario minimo legale dove non esiste oggi è un vantaggio chiaro quando si tratta di organizzarsi. Per l’IWW, l’unico modo per ottenere miglioramenti durevoli è quello di organizzarsi sul posto di lavoro creando un’organizzazione sindacale stabile, costruita su relazioni forti con i suoi colleghi e le sue colleghe e in grado di portare avanti le nostre rivendicazioni attraverso l’azione collettiva. L’IWW fornisce un sostegno adeguato per aiutare ogni membro a costruire questa organizzazione e invertire la bilancia del potere con il capo. Per esempio, il nostro programma di formazione per organizzatori ed organizzatrici aiuta ogni iscritto a sviluppare le competenze necessarie per iniziare a organizzare un comitato nel suo posto di lavoro. E quando questa organizzazione non è già stata sviluppata, l’IWW sostiene e dà visibilità alla singola persona e interviene pubblicamente (per esempio, con campagne di bombing sui social o proteste fisiche fuori dal posto di lavoro).

L’approccio conflittuale e collettivo dell’IWW è estremamente efficace perché l’azione diretta molto spesso induce il datore di lavoro a cedere e a corrispondere l’importo dovuto per rispettare la legge. Come sappiamo bene, la dinamica di potere cambia drammaticamente quando il datore di lavoro si trova ad affrontare non una singola persona, ma un unico grande sindacato agguerrito!

In entrambi casi, lottare per un salario minimo riconosciuto legalmente rappresenta una rivendicazione più facile da ottenere su cui costruire l’organizzazione, la solidarietà e la fiducia in noi.

Quindi, come IWW Italia, siamo favorevoli/e all’idea di un salario minimo, ma è essenziale che l’importo sia abbastanza alto e che siano previste sanzioni rigorose per i datori di lavoro che violano la legge. Inoltre, più che salario minimo, ci piace l’idea di un salario dignitoso che si adatti al costo della vita e al contesto in cui le persone vivono e lavorano e renda possibile godere di tutte le cose belle della vita, al di là del mero tirare a campare.

Il salario minimo per noi Wobblies non rappresenta la soluzione definitiva, ma solo un punto di partenza: è e rimarrà sempre essenziale che la classe lavoratrice si organizzi e lotti collettivamente per ottenere miglioramenti significativi non solo per quanto riguarda i salari, non solo i salari di alcune categorie di persone, ma le condizioni lavorative globali di tutta la classe lavoratrice!

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